R.

Rovina

Quel vuoto che ha scolpito il pieno. Quel cadere degli astri e dei pianeti. Il rumore del castello che brucia, l’esercito in fuga. Un cielo ripiegato, firmamento arrotolato, staccato come una vecchia carta da parati. La paura che riempie gli spazi, annulla ogni distanza di sicurezza. Non so fermare la guerra. Non so impedire il boato. Posso solo raccogliere ciò che resta, cucirne con arte sghemba il memoriale. Posso comporre miniature d’amore. Accogliere la ferita, la parola rimasta appesa- non udita. Posso pronunciare nomi che siano puntelli, nomi contro la morte contro l’oblio. Con gli occhi raccontare il segreto, ciò che è taciuto, i resti esili e possenti insieme. La tenerezza della rovina, la bellezza dopo il fuoco. Seguire le tracce, scavare, toccare con le dita ogni reperto. Immaginare ciò che è stato portato via, partire dal frammento per dire la storia. Ogni mia opera nasce dalla polvere, dal sommerso. Amo la rovina perché amo ciò che è fragile. Non lucidato, imperfetto, ammaccato. Io stessa sono nata rotta ma non ho riparato le mie ombre, non ho rammendato il nero del cuore. Ho esposto le rovine come si fa con le reliquie dei santi.

Non faccio che immaginare cosa c’era. La parte mancante del volto. La posizione della mano. Il paesaggio prima. Le parole che l’acqua ha cancellato o il fuoco bruciato. La forma prima del buio, l’eco della possibilità dentro il vuoto. Il mio è un tributo alla polvere.

Io amo la rovina.

- Alessandra BaldoniCasermArcheologicaLo Stato dei Luoghi