Alfabeto Pandemico

Come cambiano le parole, adesso e dopo.

Come sta cambiando la percezione dello spazio comune dallo stato di sospensione domestica in cui ci troviamo? E cosa diventano gli spazi del comune quando il contatto dei corpi non è possibile? Quali parole abbiamo per costruire nuovi immaginari? Insieme, lanciando nuove reti che colleghino i punti, spogliandoci di identità per acquisirne di nuove. Collettive, aperte, condivise.

Come costituenda rete “Lo Stato dei Luoghi”- rete italiana di luoghi e spazi rigenerati - vorremmo lanciare una riflessione comune, su quello che stiamo vivendo e su come cambieremo quando tutto questo sarà finito. Lo facciamo a partire da ciò che siamo, dal nostro essere gestori di spazi e attivatori di luoghi, donne e uomini che per lavoro facilitano relazioni tra persone, creano occasioni di socialità e aggregazione, si nutrono di comunità e costruiscono nuova cultura.

Stiamo già vivendo una profonda risemantizzazione di alcune parole e questi nuovi significati forse si avvicinano di più a ciò che già "prima" sentivamo come necessità da affermare nei nostri luoghi rigenerati: una diversa modalità di aggregazione attraverso un diverso sentire della cultura, per un nuovo welfare culturale

Potremmo uscirne più forti e consapevoli, oppure più stremati e irresponsabili. Quando torneremo alla normalità - e dobbiamo chiedercelo cosa vorrà dire normalità - vogliamo farlo con un vocabolario nuovo.

Chiediamo quindi parole che definiscano i metri che ci dividono, che ci raccontino dello ‘stato dei metri’, ma che sappiano guardare oltre e, attraverso un diario collettivo, immaginare una nuova ‘normalità’.

Abbiamo la consapevolezza che ci sarà un prima e un dopo che segnerà il nostro modo di pensare e di agire. Abbiamo cominciato da un alfabeto  e da alcune parole che talvolta sono ossimori, talaltra contraddizioni. Ognuna di esse ha un significato ma potrebbe acquisirne un altro. La I di incertezza si lega alla D di dubbio. Perchè non sappiamo come saremo, dopo.

A cosa serve?

 Avere le parole, dopo, significherà avere nuovi strumenti di lettura del reale, nuovi immaginari e nuove azioni. Serve a non dimenticare questa effervescenza di pensiero di questi giorni, a non perdere le intuizioni, le visioni, a tenerle strette ed essere pronti ad affermare posizioni radicali. Serve a non tornare indietro senza cambiare.

Sentiamo l’esigenza di pensare, collettivamente. Di prefigurare scenari aperti. Di abbattere i confini delle piccole patrie, delle piccole reti per disegnare, insieme, una costellazione di domande che ci guidi quando dovremo costruire risposte e nessuno di noi basterà. C di cooperazione, C di complicità. Perché abbiamo bisogno di diventare complici nel disegnare un mondo nuovo. Per mobilitarci, collettivamente.  Questo abbiamo imparato, questo vogliamo praticare.

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