V.

Vita quotidiana

Ci si sveglia, si fa ginnastica, ci si lava, ci si veste. Poi, se proprio si deve, si scende a buttare la spazzatura. Ci si siede, davanti allo schermo del computer, e si lavora, si fanno mille riunioni virtuali, oppure ci si mette a leggere, a guardare la televisione, a giocare un po’ con i figli.

E’ strana la vita quotidiana: come diceva il sociologo Paolo Jedlowski, è tutta la vita che abbiamo.

Una vita che si stringe, negli spazi e che si dilata, nei tempi. Che rapidamente costruisce nuove routine (il resoconto quotidiano della protezione civile alle 18, la telefonata alla mamma anziana tre volte al giorno, il caffè di mezza mattina).

Siamo animali molto adattivi, possiamo ricalibrare e reinventare le nostre routine, e mi capita di pensare a chi ha vissuto, e vive, condizioni di costrizione ben più pesanti di me.

Poi però penso: no. Non è questa la vita, e se una conseguenza di questo virus sarà la riduzione dei contatti tra noi, tra i corpi che abitiamo e nel cui ingombro, nella cui strozzatura, ci troviamo a toccare il mondo, allora sarà una conseguenza terribile e anch’essa mortale.

E infine penso: tuttavia, abbi pazienza. Stai nelle tue pratiche, soffermati sui gesti quotidiani, impara a rallentare, mettiti in ascolto del silenzio. Anche questo, forse possiamo un po’ imparare dalla nostra stessa vita costretta, in questi giorni cupi.

- Gabriele PasquiPolitecnico di Milano