Scuola
Skolè, come il latino ludus, il tempo del gioco, è il tempo dedicato al proprio spirito,
dove l’e-ducatore (dal latino ex-duco, traggo fuori) a piene mani dalla terra tira fuori
quello che sta dentro ognuno dei suoi allievi (e dentro di sé), perché ciascuno possa
nutrire e rinvigorire il ramo che più gli si confà, che faccia foglie ombreggianti, fiori
zuccherini, bacche aspre, veleni magici, con rami aerei e radici profonde. Scuola è il
luogo della fioritura, che in una Chiara Valle trova tutti gli elementi naturali per
realizzarsi: il sole della primavera degli alunni, motori inarrestabili della crescita,
perché sono nutriti e nutrono (dal latino alere, nutrire); la neve dell’inverno che nel
silenzio protegge ogni singolo germoglio e che il cultore mira con infinita tenerezza;
l’acqua vitale che scorre lenta e si mescola, sapere di uno che diviene sapere di
molti, antico e nuovo. Scuola, spazio fisico e mentale, dove il formatore ammira
cauto e sospeso il comporsi della forma di ciascuno, mentre dà continui ritocchi alla
propria. Scuola, piccolo spazio fisico a contenere infiniti e variegati spazi emotivi,
tutto pieno di tracce e segni e sogni.