Repubblica
Curiosa questa festa.
La più costituente e la meno aggregante.
La più importante e la meno sentita.
Dove solo le parate di una guerra che non c’è – quasi soldatini di un gioco da bambini che si pensano adulti -, diventano passerella per quello che non siamo.
I condottieri sono immersi altrove, a guidarci verso ‘riaperture’, con linguaggio parabellico – nella battaglia contro il virus – senza sapere che siamo in una metaguerra: quella che proprio perché non c’è, esiste perché è crollato l’ordinario.
Quello della cura che nasce dopo lo strazio, dal conflitto, per ricomporre il terreno comune.
Quella del respiro da riconquistare, collettivamente – senza ginocchia che ci costringano al terreno.
Una res publica da ridefinire: per nominare le cose con nuove parole, da cucire con riti rinnovati.
Per essere festa, vera.