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Piazza

Come in questo tempo bizzarro, nel borgo della piazza-che-ancora-non-c’è sbocciano sogni che spiazzano. Che parlano di “luoghi in transizione”, di food-forest, di cantieri-a-cielo-aperto, di nuove e antiche capacità.
Sogni rifiorenti che sanno di tiglio, di grano, di nidi per cicogne, di murales, di ombre, di canti alla Terra…
Sogni che si assopiscono, maturano e risorgono dalle ceneri. Prospettive audaci che piantano radici nelle visioni di amici e perfino di sconosciuti. Forse bisogna abitare i limiti per fare sogni simili.
L’eco delle prove-generali-di-piazza non si perde. Le “prime” si succedono senza sosta: impossibile dimenticarne il sapore, l’allegria, la fatica. Così, li ritroviamo nei piani di aiutanti fatati e di viandanti pensosi che vorrebbero fermarsi e disegnare mondi insieme a noi.
Non una “zattera“, dunque, a cui aggrapparsi quando si fugge dalla pazza folla. Semmai, un’arca dove abitare a lungo, forse per sempre. Dove godere di tramonti su canali e zolle coltivate e sperimentare nuove strategie di navigazione per resistere ai marosi verso cui spinge la corrente.
Dove imparare ad aver cura di chi è vicino e di chi non lo è. Perché “tutto si tiene e tutto torna” e dire mondo è come dire piazza. E agire di conseguenza non è un limite ma un’opportunità.  

- Daniela RoccoLessico di ChiaravalleLa Repubblica di Chiaravalle