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Corpi

Sono i corpi la vera rivelazione della Pandemia. I corpi distanti, quelli troppo vicini. I corpi soli, lontani, ammassati. I corpi malati, isolati, distanti. Quelli smaterializzati che usano tutte le piattaforme per lavorare, vedersi, baciarsi. Quelli, invece, così materializzati da provocare claustrofobie sociali: tutti insieme nello stesso appartamento. Due genitori, tre o quattro figli di età diverse, al massimo uno smartphone dai Giga limitati per famiglia. Così vicini da farsi male, o da amarsi tantissimo se no è un disastro.

Oppure i Corpi che attendono di entrare nello stesso luogo – il supermercato, la farmacia – e si guardano di lontano, con una mascherina improvvisata sul viso a nascondere il sorriso o la paura.

Sono i Corpi che ci minacciano e che ci mancano. Nello stesso tempo impariamo a farne a meno, se abbiamo gli strumenti per smaterializzarci.

Perché  la disuguaglianza più evidente, oggi, è tra chi abita solo lo spazio fisico e chi ha gli strumenti per abitare anche lo spazio immateriale dell’infosfera. Sono i corpi dei primi che ne usciranno a pezzi.  Isolati, impoveriti, fragili. Meno uguali di prima. Più arrabbiati, più rassegnati. La faglia della diseguaglianza non è soltanto sociale, economica, di accesso alle risorse. Anche generazionale, culturale. Geografica.

A meno che dai corpi non parta la rivoluzione. Il desiderio collettivo di ridisegnare i perimetri, i confini, le distanze. L’Altro e gli Altri. Noi. Se saremo capaci di disegnare un nuovo modo di concepire lo spazio, capace di contenere corpi fisici e smaterializzati, poroso, attraversabile, aperto, connesso. Una democrazia globale dei corpi, in fondo. Uno stormo di uccelli migratori che si prende cura delle sue parti più deboli. Un corpo collettivo, un corpo di sapiens di nuovo in cammino.

- Ilda CurtiAssociazione IURLo Stato dei Luoghi