Atmosfera
Ci sono tre piani semantici. Lo strato d’aria che respiriamo e avvolge il pianeta (o altri pianeti, dove però non ci risulta che qualcuno respiri). L’unità di misura della pressione nelle condotte degli impianti industriali (si vedono le tacche nei manometri). E infine, non senza un’accezione leggermente volgare e turistica – di un romanticismo a buon mercato – il locale d’atmosfera è quello in cui si respira il kitsch a pieni polmoni. Atmosfera è nell’insieme una bellissima parola fondativa, che inizia e finisce con la lettera fondativa per definizione, la a. Se davvero dopo il virus cambieremo, allora smetteremo di pensare l’atmosfera (che è anche noosfera) come un magazzino a cielo aperto dove scaricare il risultato delle reazioni chimiche innescate dall’uomo, e i peti mentali dei nostri cattivi ragionamenti. Lo tratteremo come un filtro tornasole che non perdona, in cui tutto ciò che immettiamo sia chimicamente che mentalmente rimane per sempre. Ogni cosa che diciamo o facciamo rimane per sempre nell’atmosfera. È l’atmosfera.
P.S. Dopo il virus, mi farò un giro su ATMosfera, dove ti servono la cena mentre guardi i paesaggi di Sironi dal finestrino di un vecchio tram milanese.