V.

Visione

 È una delle funzioni più sfruttate in questo periodo di clausura forzata. Pur avendo solitamente un’accezione attiva, la stiamo utilizzando nella sua versione fiacca e indolente, incapaci come siamo di darle un significato prospettico che vada oltre il limite del blocco delle attività previsto dal Governo.
E allora visione si limita a essere una scansione del tempo, una delle tante finestre all’interno delle ventiquattro ore nelle quali vediamo, osserviamo quel mondo che ci è temporaneamente negato e di cui assumiamo un simulacro per tenerci vitali e vigili.
Una visione che si sostanzia grosso modo in tre fasi distinte, ognuna con un suo scopo, ognuna destinata a un momento particolare della giornata; ognuna diversa dalle stesse che si attivavano in un tempo precedente. E ognuna con una sua distinta geometria.

La visione parcellizzata, quella con cui ci specchiamo in una webcam rifratta in molteplici presenze surrogate durante una conference call o una lezione a distanza.

La visione simmetrica, quella dell’appuntamento fisso delle 18 dall’ufficio stampa della Protezione civile, quando si fanno i crudi conteggi e si tenta un’interpretazione dei numeri. È il momento in cui il concetto di visione vorrebbe essere aspettativa, ma diventa proiezione individuale, speranza, desiderio.

Pare quindi che un appagamento sia possibile solo attraverso la visione rettangolare, la falsa per eccellenza, quella adottata per ammazzare il tempo che rimane con film e serie tv e forse la sola in grado di affermare una realtà che per quanto fittizia ci pare più confortante di tutto ciò che stiamo vivendo.

- Giampiero Frasca