Vecchi
Vecchi. E Anziani.
Per la scienza demografica diventiamo giovani anziani a sessantacinque anni, anziani a settantacinque, grandi vecchi a ottantacinque, centenari poi. Fragili solo per un bagaglio compromesso e per una concettualizzazione che vuole fertile la gioventù ma improduttiva la senectus.
Per non dimenticare la dignità umana serve un equipaggiamento protettivo, che includa l’avvio ad un processo di nobilitazione, riconoscendo le forme del privilegio e della diseguaglianza.
Margini al centro.
Ricomincia la partita, in campo i giocatori siamo sempre noi, ma le nostre comunità hanno subito defezioni e dipartite. È urgente un cambio gioco.
Rimettiamo al centro le persone. Nessuno escluso, nemmeno gli anziani e i vecchi. Siamo loro grati per il passato che rivive e per l’avvenire presentato. Proteggiamoli con lo scudo della nostra presenza.
Rimettiamo al centro del discorso pubblico le condizioni e la qualità del lavoro di cura, apprendendo dalla lezione che questa pandemia ci lascia sui limiti del solo ragionare sulle forme di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica.
Che sia l’imperativo prossimo futuro.