S.

Surreale

É l’aggettivo più usato in queste settimane di quarantena, per esprimere la differenza tra un prima e un adesso in cui si racchiude lo stravolgimento delle nostre vite quotidiane. Ma siamo sicuri che surreale sia proprio l’aggettivo più corretto per manifestare lo stupore, il disorientamento, lo spaesamento provocati dalla visione di un mondo che sembra non appartenerci più? Ogni volta che sento pronunciare surreale mi viene in mente un altro aggettivo, che di solito è utilizzato quando non si sa bene cosa dire o quando, forse, c’è troppa pigrizia per trovare le parole giuste, esercizio che comporta fatica e pensiero. Quest’altro aggettivo è “suggestivo”. Trovo che sia detestabile e inutile quanto l’abusato “carino/a”. Si, questo stitico aggettivo che non prende mai posizione, che prova a stare in una via di mezzo per non scontentare nessuno, ma che non dice nulla di ciò a cui lo attribuiamo. In questi giorni nessuno usa l’aggettivo suggestivo e tutti usano l’aggettivo surreale. In entrambe i casi, di non uso e di uso, mi sembra che a prevalere sia la mancanza di immaginazione e di desiderio, che ci fanno osare, provando a volare oltre visioni piatte e tutte uguali, per scorgere se al di là della montagna di luoghi comuni ci sia qualcosa da aggiungere e da scrivere con parole forse sbagliate, tentennanti e insicure, ma nostre e solo nostre. Questa situazione non è né surreale, né suggestiva, né tantomeno carina. È quello siamo chiamati a interpretare con nuove o vecchie parole da riempire di senso e di futuro. 

- Eliana MessineoLibera Palermo