Spiga
Spiga, germoglio di pianta tranciata dall’urbanizzazione che sconvolse i campi retrostanti casa di mio padre.
Fu lui che mi raccontò della bellezza della natura, in seguito governata dall’uomo nei dintorni di Viale Barozzi, quando le esigenze di espandersi trasformarono il paesaggio. Lui che correva tra le spighe e camminava sull’argine del canale in giovane età. Poi venne altro e mio padre, come Modena, cambiò. Forse anche il Quartiere Artigiano ha colto alcune spighe e le ha gettate nel cemento? Forse qualcuno all’epoca se ne è rammaricato, ma noi tutti ricordiamo i giorni appena passati, non quelli ormai trapassati. I trapassati sono oggetto di studio, i passati sono oggetto di emozioni. Per quanto ancora? La Spiga non tornerà. I canali non torneranno. Gli Estensi sono defunti e i nostri pensieri devono rivolgersi al presente, quel piccolo passo prima del futuro. Canali e campi si muovevano come onde, nelle onde, a seguito di onde. Il vento sulla superficie dell’acqua, tra i semi del grano, e le erbe matte, verdi più delle altre spighe, rimangono il mio ricordo più vivido. Le ho attraversate. Ora però, pensiamo ad altro, che il rammarico è un fardello da abbandonare, troppo facilmente romantico.