Spettatore
Spettatore.
Rinnovata importanza dello -.
Questo virus ci ha trasformato tutti, volenti o nolenti, in filosofi contemplatori.
Nel periodo a.V. (avanti Virus, il novello avanti Cristo, periodizzazione ormai frusta e obsoleta) il valore di una vita, di una persona, di un’azienda, o di una professione, si misurava nella capacità di queste di essere attive agli occhi del mondo.
Un mondo, quello a.V., che già sospettava il valore dell’inattività e della lentezza presentendone forse l’avvento, ma non arrivava a comprendere appieno l’estremo, fondante, valore dello spettatore, dell’enormità concettuale dell’Inattivo per elezione.
A cosa potrà aspirare un essere umano gloriosamente assurto al livello di super spettatore, a una sorta di spione dell’esistenza?
Potrà rivestire il ruolo di una moderna divinità, impotente ma imponente come ogni divinità degna di questo nome?
O sarà forse una spettinata Sibilla con la ricrescita che, neghittosa, spargerà bigliettini remoti e dubitosi dalla finestra del tinello di casa sua?
Nel periodo d.V. (dopo Virus) l’essere spettatore, spettatore con una valenza intellettuale alta i cui cànoni saranno tutti da stabilire tramite lunghissimi e seguitissimi dibattiti televisivi dalla d’Urso, potrà forse essere un nuovo, faticosissimo perché snervante, mestiere?
Nascerà il corso di Laurea in Passività Applicata?
Ma soprattutto: l’Inattivo, il Supremo, potrà finalmente essere considerato un creatore?
Potrà entrare a far parte delle categorie protette?
E ancora: nel periodo d.V. saranno gli attori a pagare gli spettatori?