Selvatico
Selvatico è ciò che nasce o si sviluppa spontaneamente, sottraendosi all’addomesticazione; indomito, brado, vive allo stato libero ed è l’iperbole della natura. In questo frangente di reclusione domestica le città si popolano di creature selvatiche: cervi, anatre, delfini, pesci, istrici, balene, scimmie, secondo la geografia del caso. Noi li osserviamo increduli dalla finestra, spettatori di una vita che accade, come di incanto, e quasi ci pare di essere noi ‘gli altri’. Come nel finale di The Others (A. Amenábar, 2001) quando i vivi e i fantasmi si scambiano i ruoli, costringendo a rivalutare tutto lo svolgersi della trama sin lì. Chi sono gli altri? Nel mentre, in India alcuni uomini, in assenza di alternative, trascorrono la loro quarantena sugli alberi, condividendo l’abitacolo della chioma con primati e altri animali.
Dal 2010 Charles Fréger ritrae in tutta Europa personaggi mascherati secondo antichissime tradizioni locali, che evocano le sembianze di animali reali o verosimili (Wilder Mann). Guardandoli ora, non mi paiono affatto figure primordiali di un folklore atavico e nostalgico, ma uomini del futuro che cercano di emulare gli animali e confondersi con essi per sopravvivere in una terra ignota. Fauni contemporanei, trovano nel selvatico un punto di riavvio, un’amicizia complice e in fine incarnata.