Rifugio
Rifugio, luogo fisico reale o virtuale ma anche spazio mentale dove trovare temporanemente o stabilmente riparo e difesa da un’insidia o da un pericolo materiale o immateriale. In un ambiente agitato, porto sicuro cui approdare e fermarsi fino al ripristino delle condizioni favorevoli che consentano un ritorno alla normalità.
Durante i due mesi di quarantena della fase 1, credo che la maggior parte della popolazione più o meno consapevolmente sia stata alla ricerca spasmodica di un rifugio per sopravvivere all’isolamento e alle difficoltà che si sono dovute affrontare: la paura del contagio, la convivenza coatta, la possibile perdita di lavoro, lo stravolgimento della quotidianità.
Alcuni lo hanno trovato a casa, sentendosi solo la dentro al riparo dal virus, altri lo hanno individuato in gesti ripetuti quasi ossessivamente: i workouts e le dirette sui social, gli aperitivi su Zoom, le serie su Netflix, esperimenti di panificazione e di coltura di lievito madre, pulizie e manutenzione. Altri come me hanno pazientato e si sono rifugiati negli affetti a distanza, che brillavano in lontananza come dei fari in mezzo alla nebbia, in attesa di un ritorno graduale alla normalità.
Appena possibile il primo passaggio sarà per un luogo a 1.710 m s.l.m. che rappresenta ben più di edificio di ricovero per gli escursionisti ma è soprattutto affetto, sollievo e sorrisi. Sentirsi liberi potersi staccare dal mondo e passare momenti in assoluta pace, liberi dall’ansia della pandemia, quello di cui si ha bisogno.