Progetto
Inutile e insensato è definire la parola “progetto”, visto che un progetto esiste solo se lo si può vedere, toccare, sentire. Il progetto è così intimamente connesso al fare, che senza la materialità del fare il progetto si svuota: come cercare di calmare la sete bevendo da una bottiglia vuota. Suona quasi blasfemo parlare di progetto in astratto. E allora di fianco a questa parola, un dizionario dovrebbe essere forse meno supponente, e lasciare uno spazio bianco, che solo il fare può riempire e solo il facendo può raccontare.
Magari ricordando quello spazio bianco sul vocabolario inizieremmo tutti a nominarlo meno, questo povero “progetto”, oggi così abusato dalle nostre bocche da nausearci al solo pensiero. “Più azione e meno masticazione”, potrebbe essere la rivendicazione di un ipotetico sindacato del progetto.
Non si può fissare in una definizione qualcosa che per definizione è liquida, dinamica, in movimento. Altrimenti sarebbe indifferente chiamare l’acqua ghiaccio.
Il progetto prende vita solo facendolo e solo facendolo si può cercare di capire cos’è (e quanto può essere potente, estremo e sconvolgente per chi lo sperimenta).