Mamma
M di mamma.
Maria Elena. Da adolescente lo avevo sentito per la prima volta, nome di una bambina dolcissima, e lo avevo trovato adorabile.
Maria Elena. Quasi venti anni dopo il mio fidanzato mi presenta la sua mamma e quel nome sembra destino.
E fu naturale iniziare a sognare Maria Elena, la mia, quella che avrebbe reso felicissimo mio marito.
Ma tardava ad arrivare e iniziai ad avere paura anche dei miei sogni.
Dei sogni che ti insegnano la pazienza, la stessa pazienza che insinua che non c’è molto tempo.
E fa male quel corpo che si ribella ai tuoi sogni e alle tue speranze.
E preghi ma chiedi alla scienza.
E inizi il viaggio. E ti fermi. E ricominci. E sei costretta a fermarti ancora. E speri. E hai paura.
Ma vuoi ripartire e non sai quando potrai. Perché tra te, i tuoi sogni e la scienza ci si è messa anche la pandemia che ha chiuso scuole, teatri, fermato aerei e treni, allontanato regioni e rese inaccessibili ospedali, laboratori e cliniche.
E il tempo corre mentre scorre.
E di nuovo fa male quel corpo che si ribella al tuo cuore.
Un cuore dove già culli Maria Elena.
Ma sei sospesa.
E la M di mamma non può essere ancora la tua lettera.