Intermittenza
Se c’è una cosa che questa crisi ci sta dimostrando, è che i bisogni umani non possono essere intermittenti. Prima di Covid-19, quando gli ultimi manifestavano la loro disperazione veniva facile girarsi dall’altra parte: sembravano essere pochi, erano gli “altri”. Ora gli ultimi sono aumentati, perché i tantissimi che piallavano le curve dell’intermittenza con lavoro nero ed espedienti vari non lo possono fare più fare, scivolando nella miseria estrema e nella disperazione. Abitare, mangiare, vestirsi, curarsi ed educare non sono bisogni derogabili: lo si sapeva ma non li si garantiva.
Dopo Covid-19 dovremo decidere se tenerci una società ancor più polarizzata di prima: non più tra chi vive, chi sopravvive e chi soccombe, ma tra chi surfa sulle onde dell’intermittenza (su quali tavole farà la sfumatura) e chi implacabilmente affoga.
Oppure.
Oppure covid-19 è l’occasione per rimettere mano alle disuguaglianze e affrontarle perché non esplodano in un futuro che si preannuncia anch’esso intermittente. Per contrastare con ogni mezzo necessario la privatizzazione dello stato sociale, la cultura dell’imprenditoria di sé stessi, la guerra al posto fisso. Perché l’opposto di “intermittente” guarda un po’, è proprio “fisso”: è la continuità del reddito che contribuisce a garantire i bisogni essenziali e il benessere, insieme ad uno stato sociale efficace e non più ipocritamente efficiente.