Felicità
Ridisegnare la felicità attraverso i confini di una pandemia.
Nell’antichità felice era colui che aveva tanto grano e tanti figli. Per Marta, del terzo piano, felicità sarà rivedere sua madre, il 5 maggio del 2020, anche se han messo pioggia.
Parola complessa, “felicità”, ingarbugliata fra la comunità e il singolo.
C’è chi ne fa una questione aritmetica, una sorta di calcolo dei piaceri e dolori dal risultato assicurato. Si sottraggono tutti i mali dalla somma dei beni, quel che ne resta è felicità.
C’è chi ne fa una questione politica. Le scelte personali e collettive decise in base ai risultati che assicurano la felicità per il maggior numero di persone.
C’è chi che fa una questione economica, individuando nel riscatto dalla povertà e nell’eguaglianza economica la realizzazione del benessere.
C’è poi chi, per poter assistere a tale realizzazione, introduce la questione in termini di benessere generalizzato: felicità non soltanto come ricchezza ma anche, e soprattutto, come qualità di vita.
Famiglia, lavoro, amici, ambiente, legami sociali, relazioni interpersonali, non ultimo il fattore destino, la fortuna e il caso di una lotteria globale.
C’è chi della felicità ne ha fatto pure un dogma. Felicità come diritto, felicità come dovere.
Siamo, in effetti, a pensarci bene, “la prima società nella storia a rendere le persone infelici di non essere felici” (Bruckner, 2000, p. 86). Qui si apre a un nuovo universo.
Chi decide e a quale prezzo?
L’orizzonte pandemico ha costretto a reinventarsi, spogliando le singolarità in funzione di nuovi paradigmi: complessi, co-costruiti, in costante divenire.
Un costrutto sembra tessere e unire le varie trame di significazione, e quel costrutto è relazione.
Relazione intesa come legame, interazione, connessione tra parti. Relazioni economiche, relazioni politiche, relazioni umane, perfino l’aritmetica sembra assorbirne la logica, moltiplicando le relazioni costruttive moltiplichiamo, del resto, la felicità.
Tutto è interconnesso e, ancor più ad oggi, ogni scelta, decisione e azione dipendono da un sistema che ruota attorno alla mancanza o l’eccedenza di relazioni umane.
Distanti ma vicini, a casa ma cittadini del mondo.
La felicità, anche quella più egoista e distante dal sistema, non può non passare dal saper pensare in situazione su una base relazionale.Ciò che stabilisce la rotta è la capacità di adattamento rispetto ai contesti di vita ai quali si partecipa e ogni contesto, che sia a carattere economico, politico o soggettivo, attinge e si plasma a partire da tessuti relazionali. L’invito è pertanto a ridisegnare la felicità entro i confini della pandemia e, attraverso quegli stessi confini, incominciare ad abitare nuovi luoghi di significazione.