Domicilio
La parola che ho scelto è piena di numerose sfaccettature e contrasti per me in questo periodo.
Domicilio è il giaciglio che accoglie chi è fortunato ad avere una casa e può rimanerci.
Domicilio è la “spesa a domicilio” che ci espone a questo stare dentro e farci aiutare da chi lavora fuori.
Domicilio diventa il luogo di lavoro. Si rimanda in questo caso sia a una commistione e confusione del piano personale e di quello lavorativo sia a un tentativo di innovazione (smartworking).
Domicilio espone ciascuno di noi alla riflessione legata al diritto alla casa.
Domicilio non è il luogo di lavoro in cui però ci si vorrebbe rifuggiare. Mi riferisco ai lavoratori del commercio dei servizi essenziali, al personale sanitario, a chi si prende cura degli altri, alla produzione industriale a tutte le attività ancora attive. All’amarezza, alla paura che questa condizione può suscitare nell’animo dei lavoratori e delle rispettive famiglie.
Domicilio si rivela l’incubo della violenza domestica. Restare a casa, molto poche le vie di scampo.
Domicilio è il luogo dello sport, della lettura, dell’ascolto attivo della musica, dei film, della riscoperta più attenta e profonda degli affetti, delle esigenze di tutti, del ripensamento della propria vita; domicilio è la pausa.