Dismissione
Bato: Senti, com’è fare immersioni, che cosa si prova?
Kusanagi: Paura, ansia, solitudine, buio. E poi forse anche un barlume di speranza.
Bato: Speranza? Nell’oscurità del mare?
Kusanagi: L’idea che quando tornerò in superificie potrei essere una persona diversa da quella che sono. A volte provo questa sensazione.
(Ghost in the Shell, 1995, regia di Mamoru Oshii)
La dismissione è perdita, abbandono, assenza, solitudine, ma allo stesso tempo è anche un’opportunità, l’opportunità di reinventarsi, di essere qualsiasi cosa. È la fine di un ciclo ma porta con sé tutte le possibilità di un nuovo inizio, perché può diventare un rifugio per le specie viventi che non trovano posto altrove e che del dismesso fanno la loro casa.
Io me la immagino così, come un’immersione nell’immensità dell’oceano. L’oceano come un grande grembo materno in cui il tempo sembra rallentare, le forme da fuori si fanno meno definite, le funzioni perdono i loro limiti e la riemersione diventa una luce lontana a cui guardare con speranza. La speranza di tornare a nuova vita riappropriandosi della propria dimensione e relazione fisica con il villaggio.