Connessione
La connessione è più dell’etere o della fibra ottica, è il presupposto stesso della società, se non addirittura dell’umano. Cerchiamo, costruiamo, inventiamo, immaginiamo connessioni: sono ancoraggi e ponti, ma comunque sempre viaggi che uniscono mondi diversi. Durante l’isolamento, quel reticolo di relazioni emerge in tutta la sua necessità: come in apnea ci accorgiamo che respirare è un gesto automatico, eppure per niente ovvio, così la relazione con gli altri e con lo spazio si impone nella sua essenzialità quando siamo confinati in casa.
Ora capiamo che il nostro spazio è sempre connesso e che noi lo siamo a prescindere dalla tecnologia. Eppure ora capiamo anche che uno smartphone non è uno status symbol, bensì un bene primario e che avere un buon wi-fi è indispensabile per mantenere una continuità didattica, lavorativa, amicale, parentale.
Nell’attuale esplosione di connessioni internet, l’unica di cui si sente realmente la mancanza è quella del ponte di San Giacomo, con cui i morti passano dall’aldiquà all’aldilà. Il suo vuoto lacera perché mancano i gesti e le parole dell’ultimo viaggio. Quel ponte dell’immaginario folklorico meridionale permette una contiguità tra due dimensioni e, per quanto si muoia sempre soli, la sua assenza produce inevitabilmente rimpianto. Un ultimo sguardo, una carezza e una parola di sostegno sono connessioni che il virus ci vieta e che, non potendo essere compiute, rischiano di riverberarsi nelle solitudini di domani. Oppure – e lo spero – la forza del ricordo e della compassione ci daranno l’ispirazione per nuove connessioni con cui tornare a guardare al futuro.