Comunicazione
Comunicare vuole dire “mettere in comune”, dal latino communis. Nel suo uso quotidiano, comunicazione è parola abusata, che ha ormai perso valore, a volte viene confusa con il marketing o addirittura con la vendita.
È forse una di quelle parole che durante il percorso umano sovvertito dall’emergenza COVID-19 può riacquisire senso.
“Mettere in comune” significati e sentimenti, estrapolandoli empaticamente da storie, eventi o cose, o mettendoli in atto tra persone, vuol dire riconoscere e valorizzare l’essenza e l’unicità di ciò che viene comunicato.
Ai tempi del coronavirus la comunicazione è diventata il fulcro del quotidiano: l’attesa dei dati, la condivisione accelerata di notizie vere o false, la ricerca dei dati dell’untore, lo scavo delle notizie istituzionali, il “tirare fuori” sentimenti nuovi seppure ancestrali, il descrivere le proprie nuove giornate, il consolare, il denigrare, il cercare capri espiatori. La comunicazione, nel mettere in comune il bello e il brutto, il buono e il cattivo, è tornata ad essere un fatto che congiunge.
La comunicazione al tempo della quarantena collettiva, ha forse recuperato il proprio originario paradigma.