Campagna
La campagna dove io e la mia famiglia trascorriamo le estati c’è ed esiste da quando io ho memoria. La mia infanzia e la mia adolescenza più libera (quando non si andava a scuola, per intenderci) si sono sviluppate e snocciolate qui, in una casa che fino a questa pandemia non avevo ancora imparato ad amare e ad apprezzare, o quanto meno a conoscere.
Mia nonna, la stessa che volle la costruzione di questa casa ben quindici anni prima del mio arrivo, la pandemia non l’ha retta; ma badate, da questa campagna non è mai andata via.
Ogni pianta, ogni albero, ogni nespolo, ciliegio, mandorlo parlano di lei. Ogni albero, qui, ha una storia strettamente legata al suo vissuto, ogni ulivo e ago di pino porta il suo marchio.
Fermandomi a contemplare ciò che le abitudini e gli interessi di nonna mi hanno lasciato, ho scoperto la dolcezza nel vedere i fiori sbocciare di notte, la cura che non pensavo di avere e la bellezza dei primi germogli dopo giorni di trepidante attesa.
Ciò che davo per scontato, grazie al tempo concessomi dal periodo paradossale che viviamo, non lo è più.
L’importanza dei luoghi ha ricominciato a farsi strada dentro il mio sentire attraverso le storie di chi li ha vissuti, attraverso le mie radici, così metaforiche e così concrete.