B.

Bollettino

Ore 18. Ogni giorno è questa l’ora dove l’attesa apre le porte e ci lascia entrare. Le attese sono pause alla vita. Scorrono numeri sullo schermo, suddivisi per appartenenza: ci sono i positivi, i guariti e i deceduti, perché chiamarli morti – qui – forse sarebbe troppo crudo.
È l’ora del bollettino della protezione civile. Qualcuno invece, alla medesima ora, canticchia, strimpella o balla, con un tricolore dal balcone, il nostro ultimo punto di contatto con l’esterno. Ma forse erano i primi tempi. Poi tutto stanca.
In televisione quei numeri scorrono sempre, puntuali, sono misura del contagio, statistiche e curve di speranza.
Sono persone.
Forse sono Antonio, Claudio, Adele, Rosaria, Gianfranco e tutti gli altri: 969 solo oggi, ché con i numeri si fa prima.
A questi numeri possiamo togliere il nome ma non la voce, unanime.
Sussurro di morte a cui si chiede: “Oggi quanti sono?”
Grido di speranza: “Meno di ieri, domani andrà meglio (?)”
E grafici e tabelle.
Mezz’ora, in questo perpetuo saliscendi.
Qualcuno in sala stampa, alla fine, fa domande.

- Arturo Montieri