Balcone
Il balcone, questo fortunato piedistallo ‘fuori dallo spazio casalingo’, spazio eccellente che all’occasione diventa piazza immensa: luogo di chiacchiere, telefonate, aperitivi, contemplazione, meditazione, pausa, fuga.
È da qui che, in questi giorni di isolamento più che mai, teniamo insieme l’universo e il mondo che conosciamo e come lo conosciamo. Ci assicuriamo che sia ancora lì e che ci siano altri che se ne assicurino: condividiamo una nuova responsabilità. Dimensioniamo una nuova forma di attesa. Costruiamo una nuova socialità, più necessaria, più liquida, più audace, in cui è necessario darsi, raccontarsi, aspettarsi, domandare, ascoltare, sorridere.
Da qui guardiamo il mondo a noi vicino, quello intimo del vicinato, del quartiere, della strada, della gjitonia nel caso di hora. E inversamente questo diventa l’unico obiettivo da cui il mondo più vicino ci osserva. Un obiettivo silenzioso e diretto, senza filtri, intimo quanto la quotidianità.
Le case entrano nelle altre case e ci accorgiamo delle distanze, dello stato di necessità, dell’umanità che ci manca più che mai.
gjitonia: dall’arbëresh ‘vicinato’
hora: dall’arbëresh ‘paese’