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Antifragilità

Tempi, questi e quelli a venire, per la precisazione di parole ed idee già fluttuanti nell’immediato ieri ma finora catturate con sicurezza solo dal lessico ristretto di mondi specialistici. 

Anti-fragilità: una parola che ancora cerca una veste capace di additare come poche altre ciò che saranno apprendimento e forza nel futuro.

Secondo Nassim Taleb (autore de Il Cigno Nero) tutto, al mondo, può essere classificato in tre categorie. Le prime due sono fin ovvie: le cose “fragili” e le cose “robuste”, o “resilienti”. 

Più illuminante, oggi, è la terza categoria: l’antifragilità. Le cose “antifragili” diventano più forti dopo un’esposizione, entro certi limiti di intensità, ad uno shock.

L’antifragilità non è infrangibilità: chi è antifragile ha affrontato uno stress e lo ha superato elaborando informazioni, anche e in qualche misura soprattutto su di sé: arriva così a conoscere il proprio limite e il livello di sollecitazione che è in grado di sopportare. 

Quando, nella nostra ancestrale infanzia di specie, sopravvivevamo nella condizione di cacciatori-raccoglitori, eravamo antifragili per definizione. Ci siamo evoluti proprio per questo e questa dote è conficcata, forse nascosta, nel nostra DNA: tendiamo a dimenticarcene in assenza di stimoli e di necessità. Il succo del nocciolo del concetto di antifragilità sta nel pensare che uno ‘stress gestito’ con il giusto riequilibrio in termini di riposo e serenità sia meglio dell’assenza di stress. Assumersi rischi limitati e ragionati senza farsi fermare dagli ostacoli che incontriamo nel fare qualcosa – a patto di saper creare un contesto sufficientemente ‘sicuro’ per tesorizzare ciò che stiamo imparando – sarà la molla vitale della comprensione e ‘saggezza’ del tempo post-pandemico. Lo stiamo vivendo, lo stiamo riscoprendo: siamo antifragili, nel nostro profondo. E’ stato da tempi immemori il nostro ‘attrezzo’ per costruire futuro, spalancandoci sempre nuove opportunità..

- Anna SimioniDigitally