R.

Rimparare

Sapevamo di poter colmare enormi distanze, sorvolando masse oceaniche per ricercare il contatto con l’altro, la condivisione degli spazi e delle esperienze. Per crescere come collettività e, quindi, come individui.

Stavamo imparando ad abbreviare il tempo, ad accorciarlo per moltiplicare le azioni, i messaggi, gli spostamenti, per non interrompere un flusso diffuso di idee e iniziative.

Avevamo rigenerato edifici abbandonati e luoghi dimenticati per vivere quotidianamente l’esperienza di esserci. Per sostenere l’altro, migliorare la comunità, promuovere il territorio, costruire il futuro. Insieme.

Sapevamo che nell’istruzione, nella cultura e nella condivisione del sapere erano custoditi i semi più preziosi da coltivare.

E adesso?

Adesso l’esperienza collettiva globale della pandemia ha minato queste certezze. Sembra quasi aver riavvolto i nastri della nostra coscienza, ma ovviamente non è così. La difficoltà nel ragionare una strategia condivisa genera insicurezza e confusione, ma non significa che smetteremo di condividere spazi, tempi, saperi.

Ora che non possiamo stare a meno di un metro l’uno dall’altro, stiamo già approfittando di nuove occasioni per confrontarci con realtà più lontane. Ora che l’incedere del tempo è stravolto, lo stiamo riempiendo di altri significati.

Passata l’emergenza, non dobbiamo smettere di apprendere nuovi approcci, né di considerare anche quanto ci è meno familiare. Dobbiamo continuare a metterci in discussione e trovare nuove modalità, nuovi impieghi per le risorse di cui disponiamo.

Non dobbiamo dimenticare.
Non dobbiamo disimparare.
Dobbiamo rimparare.

- Gabriele ScorzoniIndustrie Fluviali