Pesci
La mia parola è: pesci. Non perché durante la quarantena ne stiamo mangiando di meno. Forse anche, ma soprattutto perché il simbolo del pesce, veniva disegnato dai primi cristiani perché in greco antico IXΘΥΣ è l’acronimo di Ἰησοῦς Χριστὸς Θεοῦ Ὑὸς Σωτήρ (Gesù Cristo di Dio Figlio Salvatore): pesce, appunto. Un grande autore friulano, Carlo Michelstaedter, in un suo libercolo preziosissimo, scrive: “I primi Cristiani facevano il segno del pesce e si credevano salvi; avessero fatto più pesci, sarebbero stati salvi davvero, perché in ciò avrebbero riconosciuto che Cristo ha salvato sé stesso poiché dalla sua vita mortale ha saputo creare il dio: l’individuo; ma che nessuno è salvato da lui che non segua la sua vita: ma seguire non è imitare… Non quello che l’occhio vicino vede di ciò che uno ha fatto, è il senso della sua attività; ma la mente con cui l’ha fatto, che soltanto con ugual mente si può rivivere e riconoscere anche nel più piccolo segno”. Ecco allora che il gioco prende forma, infatti l’acronimo di pesci (IXΘΥEΣ) è: Ἰησοῦς Χριστὸς Θεοῦ Ὑὸς Ἑαυτοῦ Σωτήρ (Gesù Cristo di-Dio Figlio di-Se stesso Salvatore).
Insomma, mai come in questi giorni, l’insegnamento di Michelstaedter è attuale: solo con la responsabilità personale (la persuasione, direbbe lui) ci potremo salvare. E salvando noi, salveremo il mondo.