F.

Fragilità

Reggo la fragilità nella coppa delle mani, congiunte.
La maneggio con cura, proteggendola. Pare vetro, foglia seccata quasi trasparente, petalo di rosa sfatta, corpo umano bruciato, in cenere ormai.
O ancora pare una tazzina di ceramica bianca, delicatamente decorata o la pagina non scritta di sughero, vecchia di sessant’anni, strappata dal quaderno di zio.
La trasporto camminando con cautela. Arrivo sulla riva del mare, che non vedo da due mesi. La adagio al grembo della Grande Madre/Padre perché non la faccia più sentire in colpa d’essere brillante fragilità, e la sommerga d’energia.

- Virginia Spadoni