Balconi
La storia del dopoguerra si divide in due periodi: quello del cestino e quello del cellulare. Nell’epoca del cestino calato dalla finestra, a Venezia, a Napoli, o nella casa di ringhiera a Milano, vivevamo per strada, stendevamo i panni fra una finestra e l’altra, il lattaio metteva nel cestino la bottiglia di vetro del latte assieme a un panetto di burro e due uova fresche.
Nell’epoca del cellulare vivevamo con un iPhone incollato all’orecchio e intanto controllavamo la posta sull’iPad, e cercavamo freneticamente le chiavi della macchina per andare alla prima riunione della giornata.
Adesso questa seconda epoca è finita. Siamo chiusi in casa e ci resteremo probabilmente un bel po’. Non abbiamo ancora riscoperto i cestini, perché non li vendono più, ma torneranno.
In compenso sono ritornati di moda i balconi, le finestre, i terrazzini: unici spazi di collegamento e di socialità con l’esterno. Abbiamo ricominciato a chiacchierare con la signora del piano di sotto, o a nasconderci dietro la tenda per spiare cosa accade fuori, perfino a cantare l’inno di Mameli.
Oggi i balconi sono diventati le nuove piazze da cui vedere, essere visti, parlare, fare musica, lezioni di ginnastica, flash mob, applausi a medici e infermieri o esporre il disegno realizzato dai bambini: “Andrà tutto bene”.