A.

Arte

Ho sempre pensato che l’arte fosse un modo per liberarsi. Liberarsi dalle convenzioni, dagli stereotipi. Un nuovo e sorprendente punto di osservazione sulla realtà. Una scintilla nascosta tra le pieghe del quotidiano in grado di accendere prospettive fino a quel momento impensate; non ancora immaginate eppure possibili, agli occhi e ai cuori di chi le incontri. 

L’arte non rilegge, non riproduce, non rigenera. Si crea nel suo stesso farsi, nel suo divenire forma e costituirsi mondo. Non conosce crisi o pandemie.

In questa emergenza che ci ha negato ogni spostamento fisico e mentale, il mio pensiero è andato più volte a quella scintilla che, protetta tra le mura serrate dei musei, nel buio di gallerie e studi deserti, ha continuato a brillare. Congelata nello spazio, l’arte in forma di opera, ha vissuto il suo tempo di clausura in una sintesi assoluta, digitale ed intangibile. Sollevata dalla presenza dello spettatore, è diventata immagine non esperita. Astrazione e pixel. Racconto scivolato tra gli altri, sullo schermo della nostra caverna.

Eppure l’arte non può e non deve diventare un riflesso ideale. Ha bisogno di mani, sguardi e corpi per definirsi, per diffondere quella sua luce profondamente umana, luogo di libertà.

- Alessandra CasadeiLessico del VillaggioOvestLab / Periferico / MOP-Modena Ovest Pavillion